Manca meno di un mese all’appuntamento fissato per manifestare davanti al poligono di Capo Frasca. Sabato 12 ottobre movimenti, comitati, associazioni, sindacati e tutti coloro sensibili al dramma della presenza delle basi militari nell’isola faranno sentire la loro voce contro l’oppressione militare, le esercitazioni, le servitù e tutto ciò di cui il poligono è l’emblema: l’occupazione militare della Sardegna e il costante stato di pericolo e di interdizioni a cui sono sottoposti i territori scenari di tali “giochi di guerra”, (che di ludico hanno davvero ben poco).
Sempre più gente comune sta acquisendo consapevolezza di ciò che davvero comporta ospitare i poligoni, al di là degli introiti economici di pochi. Il velo di mistero e la nebbia d’ignoranza di cui erano ricoperti tali siti fino a non tanto tempo fa sta calando grazie a chi ne ha messo in risalto il lato oscuro. Uno dei siti più importanti e strategici in Sardegna è quello del Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze di Salto di Quirra (PISQ), il più grande d’Europa, costituito nel 1956, che comprende il Poligono “a terra” di Perdasdefogu, sede del Comando, e il Distaccamento A.M. di Capo S. Lorenzo con il Poligono “a mare”: si tratta di un poligono a disposizione di tutte le Forze NATO. Nel sito del Ministero della Difesa si fa un chiaro riferimento all’attenzione da tenere durante lo svolgimento delle operazioni: «Il Poligono elabora a cadenza semestrale un Programma di attività che viene sottoposto all’approvazione dello Stato Maggiore della Difesa. In fase esecutiva, ogni operazione deve essere svolta nel rispetto di un Disciplinare per la Tutela Ambientale, volto a garantire il minimo impatto ambientale delle attività». Intorno a Quirra, però, tale attenzione pare non bastare, e nel 2011 a Lanusei parte l’inchiesta della Procura; una parte del Poligono viene sequestrata. L’inchiesta è volta ad accertare eventuali correlazioni tra le attività militari, i casi di tumore riscontrati tra la popolazione e la nascita di diversi capi di bestiame con malformazioni.
Chiediamo all’avvocato Gianfranco Sollai, legale di parte civile che rappresenta i cittadini malati, di aiutarci a fare il punto della situazione sul processo in corso.
Come nasce il processo per i “veleni di Quirra”?
Il procedimento penale avente ad oggetto l’attività antropica militare del Pisq viene aperto dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Lanusei, competente per territorio, a seguito della denuncia del medico di famiglia, dott. Paolo Pili, che svolgeva servizio presso il comune di Villaputzu, il quale notò che tra i suoi pazienti vi era un numero considerevole di persone che avevano contratto patologie tumorali, in particolare quelli che abitavano nella frazione di Quirra e/o che esercitavano l’attività di pastore, talvolta anche all’interno del poligono (infatti, per accordo intervenuto tra il Ministero della Difesa e i comuni interessati, i pastori potevano accedere ai terreni occupati dai militari per il pascolo e altre attività pertinenti). Invero, all’interno del poligono, nel 2010 , data del sequestro e conseguente obbligo di rilascio per i pastori, vi erano quindicimila capi di proprietà di alcune decine di aziende e un centinaio di addetti; certamente hanno esercitato un ruolo importante anche le manifestazioni e i dibattiti delle associazioni e partiti indipendentisti che da anni chiedevano lumi sulle attività e la chiusura del poligono per questioni ambientali e per rivalutare economicamente la zona.
Cosa è emerso nel processo sino ad ora, dall’istruttoria dibattimentale?
Attualmente siamo nella fase dibattimentale, ove attraverso l’audizione di decine di testi e documenti si è appreso che l’attività militare all’interno del poligono consisteva nel brillamento di tonnellate di bombe, razzi, proiettili… obsoleti, in gran parte armi residuate dalla Guerra Mondiale, le quali venivano interrate ad una profondità di circa sette-otto metri, ricoperte dalla terra dello scavo e fatte brillare, nonché nel lancio di migliaia di missili e razzi ed ancora nel provocare lo scoppio di tubi, al fine di constatarne la resistenza, per poi essere utilizzati nei giacimenti di petrolio.
Vi è da dire che il territorio del poligono è particolarmente mineralizzato, vi è arsenico, torio, uranio, cadmio e altri minerali naturali, i quali attraverso i brillamenti sono stati resi biodisponibili e pertanto inalabili e ingeribili attraverso la carne, il latte, i formaggi degli animali presenti nel Pisq che, brucando l’erba, ingerivano appunto le polveri sottili di questi minerali, sia dei naturali polverizzati che di quelli che rilasciavano le armi fatte brillare. È bene precisare che il torio e l’uranio sono radioattivi.
Il nesso di casualità tra le attività svolte nel poligono e l’insorgere di tumori e malformazioni nella zona adiacente è già stato dimostrato? Cosa è necessario per dimostrarlo?
Quanto al nesso di causalità, abbiamo certamente diversi elementi indiziari che fanno ritenere che l’attività militare, non essendoci in quel territorio altra attività inquinante (non vi sono industrie e l’attività mineraria è dismessa da un secolo), abbia provocato danni alla salute. Questo si evince da alcuni elementi:
a) La percentuale di morti per cancro;
b) Le malformazioni ad Escalaplano, paese distante otto chilometri in linea d’aria, dove, a causa dei venti prevalenti, le polveri sono riuscite a raggiungere il centro abitato;
c) Il torio trovato nelle tibie dei morti per tumore che sono stati riesumati;
d) L’alta percentuale di malformazioni tra gli animali, pecore in particolare, che pascolavano nel poligono;
e) Le percentuali di malattie tumorali tra i militari, nonostante la giovane età e la “sana e robusta costituzione” accertata al momento dell’arruolamento.
Si potrebbe pensare che siano solo “indizi”. Sì certo, i fili uniti fanno una corda, gli indizi uniti fanno una prova.Comunque per mero scrupolo ho fatto istanza per far disporre un’indagine epidemiologica specifica, più precisamente mirata ai pastori che frequentavano il poligono dal 2000 a oggi. I difensori degli imputati e del Ministero della Difesa (responsabile civile) si sono opposti, il tribunale si è riservato di decidere.
Quanto crede sia importante l’attività di sensibilizzazione e di protesta portata avanti da movimenti, comitati, sindacati ect?
Le attività dei movimenti, delle associazioni, la consapevolezza e le preoccupazioni dei cittadini dovrebbero costituire un campanello dall’allarme per la magistratura, la quale dovrebbe svolgere le sue funzioni con distacco rispetto agli altri poteri dello Stato e quindi con imparzialità; dovrebbe essere, dico la magistratura, compresa quella inquirente, il garante dei diritti dei cittadini, i quali devono, in uno Stato democratico e civile, avere il diritto di esprimere le proprie opinioni e di manifestare il dissenso. L’impedimento ma anche solo la dissuasione costituisce repressione, la quale una violazione dei diritti e dell’ordine democratico costituito. C’è da aggiungere che lo Stato sapeva dal 1800, e quindi anche il Ministero della Difesa, che l’area Pisq era ed è particolarmente mineralizzata.