Sulle elezioni (e sui candidati)

In tempi roventi pre appuntamento elettorale siamo, chi più chi meno, sommersi dai cosiddetti santini, immaginette raffigurati volti sorridenti, o strategicamente riflessivi.
Tutti i candidati, all’interno di questo ipotetico mazzo di carte, paiono essere ugualmente validi. Come non ricordarsi dell’amico o dell’amica impegnato/a in questa e quella lotta, anche se solo ricorrendo all’arma dei post selezionati con cura da condividere sui social? L’immagine è tutto, ai tempi d’oggi, o quasi. E come non riconoscere il merito di quel padre di famiglia che, per amore del futuro dei figli, decide di “scendere in campo”? A fianco agli habitué del firmamento simbolico spiccano anche le “new entry”, ovvero uomini e donne di cui non si aveva ricordo, di cui si erano perse le tracce e che paiono tornare alla vita come d’incanto; in base al distretto in cui si candidano si riesce a risalire alla loro provenienza, si capisce dove vivano e dove, probabilmente, hanno sempre vissuto, in una sorta di letargo sociale, prima di sentire la voglia impellente di provare quel brivido, da sfida politica.
E da qui vorrei partire, proprio dal significato della parola “politica”. Per i greci la parola corrisponde al neutro plurale dell’aggettivo politikos e significa “le cose che riguardano la polis, città, cioè comunità umana autosufficiente”.
Le cose che riguardano quindi non solo la ristretta cerchia familiare, ma tutta la città, l’intera comunità di cui si fa parte. La politica era perciò intesa in senso ampiamente positivo, in quanto considerata la forma più alta di educazione dell’uomo. La polis doveva formare l’individuo, per renderlo capace di vivere la vita politica.
Tutte queste accezioni positive, al giorno d’oggi, sembrano essersi perse. Abituati tristemente a vedere i politici come una manica di arrivisti interessati, innamorati di loro stessi e anelanti al potere. In vista di importanti appuntamenti elettorali, come quello del prossimo 24 febbraio in Sardegna, per quanto ci riguarda più da vicino, spesso non sappiamo che decisione prendere, combattuti da un disfattismo e una disillusione che cercano di contrastare una innata voglia di partecipare, in maniera attiva, alla vita politica, sia creando la propria “carta da gioco” da aggiungere alla rosa dei papabili, sia segnando con una croce la propria preferenza.
Tornando allo spirito primitivo che è alla base dell’impegno politico, credo si possa attuare una cernita tra tutti i candidati con un metodo piuttosto semplice. Mi riferisco ai candidati vicino a noi, coloro che conosciamo non solo per averli visti in tv.
Negli anni 80 andava di moda un gioco chiamato “Indovina chi” dove, in base ad elementi riguardanti la fisionomia dei personaggi presenti nel gioco (colore dei capelli, presenza o meno di occhiali, colore degli occhi ecc.) si doveva arrivare a scoprire quale fosse il personaggio della figurina in possesso dell’avversario. Si andava per esclusione, ripetendo ed incrociando le domande in più turni, fino ad eliminare tutte le figure tranne una.
Un gioco simile può essere fatto anche con i candidati, incrociando caratteristiche e peculiarità che rendono ogni candidato, a suo modo, unico.
Le domande, in questo ipotetico gioco di figurine, potrebbero essere: Cosa ha fatto lui/lei in passato? Cosa spinge questa persona a volersi candidare? Quali sono le sue qualità (se ne ha) e quali i suoi progetti? Quali sono i suoi ideali?
Ma il mazzo di carte costituito dai santini viene mescolato troppo in fretta; in mezzo al vortice è molto difficile ricostruire una, seppur approssimativa, “storia politica” del candidato. Dichiarazioni a mo’ di pillole di saggezza, filosofia spicciola, condivisione di ideali meticci e non ben interpretabili. Confusione e ancora confusione, che spesso porta ad una scelta elementare: o non si va a votare, perché convinti di non essere validamente rappresentati, o si vota la “persona”, il “conoscente”, “la brava persona” che però, a volte non ha niente da dire, e da dare, dal punto di vista politico.
Concentrarsi sul programma presentato da questa o quella lista non appare semplice, specie quando questo appare generico e improntato su cardini elementari: politiche di sinistra, politiche di destra, e quando a tali politiche fanno riferimento anche liste minori, dove alla fine quasi si fonde il nome del candidato presidente e quello della lista.
Ho pensato a quale potesse essere un metodo alternativo per semplificare il problema. La politica è un alto impegno sociale, che il candidato intende portare avanti, un impegno gravoso e che esige non solo interesse ma anche sacrificio, e la presenza di virtù etiche.
Ora, ci si potrebbe chiedere: Chi è il candidato? Chi c’è dietro a quella faccia rilassata, falsamente timida, sorridente?
Prendiamo un esempio pratico. Nella mia idea il “Politico” è una persona che, oltre ad interessarsi alla sua vita, al suo metro quadro, alla sua ristretta cerchia, è spinto da una voglia tale di portare avanti i suoi ideali, il suo impegno, una voglia tale di fare qualcosa attivamente per cambiare la società e la vita di tutti in meglio, e non solo la propria.
Eppure c’è chi si candida anche senza averla, una vita. C’è chi si candida perché nella propria vita personale non ha nulla, per riempire un vuoto cosmico. C’è chi farebbe di tutto per darsi una chance pubblica perché nel privato ha fallito pietosamente. Ecco, il candidato ideale, oltre a proporre un progetto politico valido, e un’idea di società nel quale possa riconoscermi, che vorrei cercare di votare, è colui (o colei) che, oltre ad avere una vita piena, ricca di affetti e interessi, ha anche un surplus di energia tale da poterla dedicare agli altri.
È il padre di famiglia che, oltre a curarsi del benessere della moglie, dei figli, del cane e del gatto, oltre ad essere un amico affidabile, una persona gentile e disponibile, è anche la persona che non si gira dall’altra parte quando si tratta di aiutare il prossimo, chiunque esso sia. È colui che si batte per le ingiustizie a prescindere, e non solo quando chi le subisce appartiene al suo stesso schieramento. È colui che, quando viene a sapere che una persona è rimasta senza lavoro a causa di un cambio di strategia aziendale permesso da una riforma emanata da un governo issante la bandiera opposta alle sue idee, non dice “Se l’è cercata, non avrebbe dovuto votarli”. È la persona che si impegna per far funzionare meglio le cose, che si mette in discussione, sempre, che non pensa di avere la verità assoluta in tasca, che non pensa di essere circondato da persone che fanno parte di un livello intellettuale e culturale più basso rispetto a lui. È la persona che fa della sua sensibilità un punto di forza.
Credo che esistano dei valori che vanno al di là degli appuntamenti elettorali. Ma ci sono ancora persone così? Io penso di sì. Per cambiare le cose, la società, per riuscire a vivere in un mondo migliore, dobbiamo fare attenzione a dove posizionare quella croce, perché la politica è fatta dalle persone, e tenerci, per quanto possibile, lontano da narcisisti che altro non fanno che utilizzare la campagna elettorale per dar libero sfogo a tutte le proprie frustrazioni, galvanizzati dalla presenza di un microfono posto sotto al mento da una rete tv locale, e da una piccola cerchia di pubblico che, magari confusa ed annebbiata, ha davvero il sentore che siffatta rabbia possa avere origine da buone intenzioni. 

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