
di Daniela Piras
La promozione del proprio libro è cosa fondamentale. Questo è l’ABC di ogni autore che vede pubblicata la propria opera. La pubblicità è l’anima del commercio e la promozione del proprio libro non è esonerata da questo circuito. Questo il motivo che mi ha portato, dopo la pubblicazione, ad organizzare alcuni eventi di promozione del mio libro, entrando in contatto con comuni, librerie e con le biblioteche che sono, a mio avviso, le cellule vitali della cultura nei paesi. Decido allora di contattare tramite e-mail alcune delle tante biblioteche della nostra regione, presentandomi e allegando alcuni link dove gli addetti ai lavori potessero farsi un’idea di me e del libro. In questo viaggio virtuale tra le varie biblioteche di Sardegna ho avuto diversi riscontri, alcuni molto positivi e altri un po’ meno.
In primis ci sono viaggi che sono rimasti “virtuali”, nel senso che molti operatori delle biblioteche non hanno mai risposto. Alcuni hanno risposto che “non organizzavano eventi di questo tipo”, cioè che non organizzavano presentazioni di libri e qui, senza fare polemica, mi è venuta spontanea una domanda: Cos’altro si può organizzare in uno spazio di pubblica lettura? In mezzo a scaffali di libri mi sembrava la cosa più naturale del mondo organizzare eventi culturali con il libro al centro. Invece scopro che non è così, che diverse biblioteche organizzano laboratori per bambini, cioè disegni, pitture, plastiline. E io che pensavo che per certe cose ci fossero le ludoteche. Non si smette mai di imparare. Alcuni responsabili hanno risposto dicendo che, visto l’esiguo numero di partecipanti a delle iniziative passate, non avevano intenzione di dare spazio ad altri autori. Per quanto io possa capire la frustrazione nel vedere che un evento organizzato sia stato un flop in termini di presenze, non credo che sia il modo migliore di reagire, quello di non organizzare eventi per paura che la gente non partecipi. Della serie “Non faccio così sono sicuro di non sbagliare”. Tutte posizioni legittime e comprensibili, in ogni caso.
Poi, quando pensavo di aver capito il funzionamento degli eventi nelle biblioteche, arriva lei: l’e-mail di risposta per eccellenza, quella che ti fa mettere in discussione proprio tutto.
Ve la inoltro omettendo per riservatezza il nome del comune che ho reso noto al responsabile del sistema bibliotecario.
«Buongiorno Daniela,
chiedo scusa per il notevole ritardo con cui rispondo a questa proposta.
Il pessimo collegamento alla rete, ha reso il lavoro degli ultimi 3 mesi piuttosto problematico.
La ringrazio per aver voluto inserire anche la piccola comunità di XXXX fra i luoghi per promuovere il suo libro.
Di solito, nel corso degli anni, abbiamo ospitato autori conosciuti, mediamente conosciuti ed anche poco conosciuti.
Considerando però, in alcuni casi, il risultato in termini di presenze, gli amministratori per l’anno 2015 hanno preferito non promuovere incontri con gli autori.
Quest’anno invece, hanno accolto le proposte inviateci dalla libreria di riferimento della biblioteca, con una serie di nomi di autori che hanno ritenuto “piuttosto noti”, ed hanno deciso di proporli ai concittadini.
Questa era infatti la condizione, che gli autori fossero “piuttosto noti”.
Al momento la politica da seguire è quindi questa, se, in futuro si deciderà di promuovere incontri anche con nuovi autori da poter conoscere, sarà un piacere per noi, proporre la sua pubblicazione
La saluto e le auguro buon lavoro»
Preciso che leggo l’e-mail due volte di fila perché davvero credo di aver capito male e di aver frainteso alcuni passi. Per correttezza preciso che la mia prima e-mail risale a metà giugno e che a fine luglio non avevo ancora ricevuto risposta. Trattandosi di un paesino piuttosto piccolo credevo non avessero risposto perché non interessati ad organizzare presentazioni, e che il silenzio fosse da tradurre come un cordiale diniego. Succede però qualcosa: navigando su Facebook, uno scrittore che ho tra i contatti mi invita alla presentazione del suo ultimo libro, che si tiene proprio nella biblioteca del piccolo paese.
Entro allora nella pagina Facebook della biblioteca che pubblicizza l’incontro con l’autore e, pensando che la mia e-mail fosse finita per errore nella cartella dello spam, cosa che può capitare, decido di scrivere sotto la locandina dell’evento, avvisando di avere inviato una e-mail alla loro casella di posta tempo addietro e, contemporaneamente, per accorciare i tempi, scrivo un messaggio privato nell’account Facebook della biblioteca dove preciso, entusiasta: “vedo che siete attivi sul fronte dell’organizzazione di eventi con gli autori”. Nessuna risposta. Fino ad oggi.
Mi si chiede scusa per il grande ritardo con cui mi si risponde a causa del “pessimo collegamento con la rete”, mi si dice che negli anni scorsi la biblioteca del piccolo comune ha ospitato diversi autori: conosciuti, mediamente conosciuti e anche poco conosciuti.
Perfetto – penso – sono aperti a tutte le possibilità!
Poi l’e-mail cambia tono, si precisa che “in alcuni casi, considerando il risultato in termini di presenze, gli amministratori hanno preferito non promuovere incontri con gli autori per l’anno 2015”.
Continua: quest’anno invece, gli amministratori hanno accolto le proposte inviateci dalla libreria di riferimento della biblioteca, con una serie di nomi di autori che hanno ritenuto “piuttosto noti” ed hanno deciso di proporli ai cittadini.
Comincio ad avere qualche leggera perplessità. La prima è che la programmazione culturale della biblioteca sia affidata a degli “amministratori”. La seconda è che la biblioteca comunale abbia una LIBRERIA DI RIFERIMENTO. Ma non dovrebbe essere, una biblioteca comunale, uno spazio di cultura indipendente, aperto ai cittadini e, soprattutto, DEI cittadini? I responsabili non dovrebbero invogliare le persone, soprattutto di un piccolo paese, a frequentare il centro, a prendere dei libri in prestito e fare in modo che la biblioteca diventi il salotto della lettura di tutti gli abitanti? Cosa vuol dire che esiste una libreria di riferimento che passa dei nomi di alcuni “noti”? C’è forse bisogno di un lasciapassare? La libreria è un’attività economica e, giustamente, punterà sui libri che, secondo il titolare, sono più semplici da vendere. Devo quindi arrivare alla logica sequenza secondo cui una libreria, cioè un ente privato, utilizzi uno spazio pubblico, uno spazio della collettività che vive grazie alle tasse pagate dai cittadini, per pubblicizzare e, di conseguenza, vendere un proprio “Prodotto di punta”? Chi mi garantisce che gli utenti della biblioteca gradiscano di più assistere a presentazioni di autori “piuttosto noti” rispetto ad un autore locale? Non dovrebbero, i responsabili di una biblioteca, disporre di una piena autonomia professionale (così come indicato nella carta dei servizi del sistema bibliotecario) e, di conseguenza, decisionale, e considerare anche i temi trattati nei libri che decidono (e non che “acconsentono passivamente”?) di presentare? I bibliotecari non dovrebbero valutare cosa può interessare alla comunità nella quale sono integrati, e che di conseguenza dovrebbero conoscere, e cosa meno?
Come si evince dalla Dichiarazione sulle biblioteche e sulla libertà intellettuale dell’IFLA/FAIFE dove si elencano i principi a cui il sistema bibliotecario si attiene:
«Le biblioteche hanno la responsabilità sia di garantire sia di facilitare l’accesso alle espressioni della conoscenza e dell’attività intellettuale. A tal fine, le biblioteche dovranno acquisire, conservare e rendere disponibile la più ampia varietà di materiali, riflettendo la pluralità e la diversità della società».
E, ancora: «Le biblioteche devono garantire che la selezione e la disponibilità dei materiali e dei servizi bibliotecari siano dettate da considerazioni professionali e non da ottiche politiche, morali o religiose».
La Dichiarazione sulle biblioteche e sulla libertà intellettuale dice, inoltre, che: «Le biblioteche finanziate da fonti pubbliche, alle quali il pubblico ha accesso, devono incoraggiare i principi della libertà intellettuale».
Altro punto è questo: «I bibliotecari e gli altri impiegati in queste biblioteche hanno il dovere di incoraggiare questi principi».
Il sistema bibliotecario (di cui fa parte la biblioteca in questione) aderisce anche al Manifesto UNESCO per le biblioteche pubbliche che sottolinea l’importanza dell’indipendenza dell’apparato bibliotecario:
«La biblioteca pubblica, via di accesso locale alla conoscenza, costituisce una condizione essenziale per l’apprendimento permanente, l’indipendenza nelle decisioni, lo sviluppo culturale dell’individuo e dei gruppi sociali.» Ancora sulla diversità dell’offerta: «La biblioteca pubblica è il centro informativo locale che rende prontamente disponibile per i suoi utenti ogni genere di conoscenza e informazione.»
Tra i compiti elencati nel Manifesto Unesco c’è quello di “dare accesso alle espressioni culturali di tutte le arti rappresentabili”.
Perciò, in barba a tutti i principi elencati, l’e-mail continua, informandomi che “La politica da seguire è quindi questa” (cioè quella che gli autori siano “piuttosto noti”) e che, di conseguenza, non c’è la possibilità di ospitarmi nei loro spazi.
Mi si lascia però uno spiraglio aperto perché, si precisa, se in futuro si deciderà di promuovere incontri anche con nuovi autori da poter conoscere, sarà un piacere, per loro, proporre la mia pubblicazione.
Leggo parole come “Politica da seguire” e rabbrividisco. Che cosa vuol dire? Politica, amministratori, librai che hanno la lista dei papabili autori noti…. Alla faccia della libera cultura e della libertà intellettuale.
Quello che volevo sottolineare è l’ingerenza di una struttura commerciale esterna a cui viene riconosciuto pieno potere decisionale. E tutti i principi di cui sopra? E soprattutto, alla luce di quanto emerso, mi chiedo che senso abbia il ruolo del bibliotecario in una struttura dove le scelte vengono prese dalle amministrazioni e da enti esterni. Credo sia importante che queste strutture pubbliche non vengano meno al ruolo per cui sono state create, e non vorrei che un autore/autrice si vedesse negare la possibilità di far conoscere le sue opere solo perché non ancora “noto”. Ripeto, stiamo parlando di una biblioteca comunale, non di una trasmissione televisiva. Ricercare l’audience all’interno di spazi pubblici credo non sia una cosa tanto logica e credo che la funzione dei responsabili delle biblioteche sia tutt’altro, ossia non venire meno ai principi esposti. L’ottica con cui si opera dovrebbe essere quindi il più inclusiva possibile, senza censure né pressioni da enti esterni, anche se indicati come “riferimenti”.