
di Daniela Piras
Prendendo spunto da un interessante articolo apparso questa estate sul sito http://www.laricerca.loescher.it, firmato dalla dottoressa Francesca Nicola, volevo tornare sul tema delle biblioteche comunali e sulla loro funzione.
Nell’articolo si parla della rinascita di cui sono protagoniste le biblioteche nella città di New York e, in generale, in tutte le città statunitensi: aumento delle ore di apertura con relativa assunzione di personale, espansione del catalogo dei servizi offerti, aggiunta di servizi di consulenza lavorativa, classi di programmazione informatica, corsi di meditazione, consulenze su come pianificare la propria carriera e perfino lezioni per imparare a lavorare a maglia. Le biblioteche americane sono state capaci di reinventarsi, diventando veri e propri centri di aggregazione e mirando a offrire qualcosa a tutti i cittadini. Non solo deposito di libri, quindi.
L’articolo continua soffermandosi sul ruolo sociale fondamentale assunto dalle biblioteche, parlando della creazione di librerie satellite nelle scuole, in centri per anziani, nei rifugi dei senzatetto e persino nelle carceri. Il tutto per promuovere l’alfabetizzazione e portare i libri, tecnologia e altri servizi a tutti coloro che, per varie ragioni, non sono in grado di recarsi di persona nelle biblioteche.
Corsi di navigazione on line, iscrizione a corsi di scienza, tecnologia, ingegneria e matematica per bambini che non possono permettersi di frequentare i campi estivi. Il supporto nella compilazione di domande di assistenza sociale, la messa a disposizione di uno studio di registrazione a costo zero, corsi di cucito in bengali offerti alle donne del Bangladesh che riescono a trasformare le competenze acquisite in lavoro. Interessante l’esempio legato alla storia di un giovane “homeless” che, frequentando la biblioteca di Arverne, è stato aiutato dal personale a studiare per diventare una guardia di sicurezza, finendo con l’essere assunto dalla stessa biblioteca.
Sui bambini, l’antropologa continua:
«Le biblioteche americane si sono reinventate soprattutto perché hanno puntato sui più piccoli, mettendo a punto programmi di alfabetizzazione precoce finalizzati a preparare i bambini per la scuola. Lo dimostrano i passeggini parcheggiati in doppia e tripla fila davanti alla Fort Washington Library dell’Upper Manhattan o le lunghissime file di genitori e bambini davanti alle biblioteche del Bronx. Qualcuno inevitabilmente rimane fuori, perché non c’è abbastanza spazio per ospitare tutti i bambini che si presentano.»; «Per molti genitori le biblioteche sono anche, più semplicemente, un luogo sicuro dove fare giocare i propri figli.»
«Le biblioteche americane si sono reinventate soprattutto perché hanno puntato sui più piccoli, mettendo a punto programmi di alfabetizzazione precoce finalizzati a preparare i bambini per la scuola. Lo dimostrano i passeggini parcheggiati in doppia e tripla fila davanti alla Fort Washington Library dell’Upper Manhattan o le lunghissime file di genitori e bambini davanti alle biblioteche del Bronx. Qualcuno inevitabilmente rimane fuori, perché non c’è abbastanza spazio per ospitare tutti i bambini che si presentano.»; «Per molti genitori le biblioteche sono anche, più semplicemente, un luogo sicuro dove fare giocare i propri figli.»
Sono dell’idea che tutto ciò che è positivo e che si può esportare sia un bene. Tutto questo tenendo sempre presente i diversi contesti e le enormi differenze che esistono tra i nostri paesini, qui in Sardegna, e le città statunitensi. È facile capire che, in città metropolitane, il ruolo chiave della biblioteca come spazio sociale, sicuro, di supporto, di aiuto ai senzatetto è differente da quello che si può avere qui; ruolo che deve partire dalla conoscenza e dalla capacità di rispondere a quelle che sono le necessità delle nostre piccole comunità.
Nei differenti contesti, bisogna tenere conto che l’obiettivo delle biblioteche americane di porsi come punto di riferimento è anche quello di sottrarre i giovani al fenomeno delle Gangs organizzate il quale, per quanto ridimensionato rispetto agli anni 80 e 90, è ancora molto presente in determinate città, con milioni di abitanti, dove è difficile trovare dei riferimenti ideali, culturali e sociali, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione e per le minoranze etniche e gli immigrati, relegati spesso ai margini della comunità.
I senzatetto, dalle nostre parti, hanno strutture come la Caritas e altri centri che si occupano di mettere a disposizione strutture di “accoglienza temporanea”, dove poter mangiare qualcosa di caldo e fare una doccia. I bambini, nei nostri piccoli centri, per fortuna possono permettersi ancora di giocare in luoghi “sicuri”, al massimo vengono sgridati per qualche vetro rotto provocato da qualche pallonata, ma in linea di massima i bambini, qui, frequentano le biblioteche perché hanno il piacere di stare insieme ai coetanei, e fanno della biblioteca uno dei primi punti di ritrovo.
Oggi, le biblioteche, per diversi addetti al settore, in generale, sarebbero ben lontane da ciò che erano nel passato. Oggi sono un luogo di incontro e di accesso all’informazione, dalla forte valenza sociale, di aggregazione e condivisione di saperi, corsi di uncinetto, di cucina, laboratori di manualità per bambini, creazione di oggetti con materiale di riciclo e simili. In questo rinnovato contesto, le presentazione di libri e gli incontri con autori non sarebbero più al centro ma semplici opzioni che i bibliotecari sono liberi di considerare o meno. Del resto, pare che in giro ci siano eserciti di scrittori che scalpitano per presentare il proprio testo e, considerando i vari appuntamenti organizzati nelle biblioteche elencati qui sopra, non c’è proprio lo spazio e il tempo per approfondire un discorso legato ai libri, alla lettura e simili. Sembra che i frequentatori delle biblioteche non siano così interessati a questo genere di eventi, e che di conseguenza non sia il caso di insistere nel proporre incontri di questo tipo.
Riguardo questo tipo di visione, il mio pensiero è che sia un bene che le attività della biblioteca negli anni si siano ampliate e che sicuramente una diversificazione nell’offerta non può che essere un fatto positivo, sempre che non si perda di vista l’attività centrale. Ben vengano attività collaterali, di socializzazione, ma resto ferma nel pensare che il 99% delle persone alla parola “Biblioteca” associa la parola “Libro” e non “Uncinetto”. Va bene la diversificazione, certo, ma senza perdere di vista il “prodotto” principale. Per fare un parallelismo con altri settori, giusto per fare un esempio, in una società dove tutti fanno tutto, sembra quasi normale andare in un ufficio postale o in una banca e poter acquistare telefonini, frullatori o persino case; spesso, però, questo va a intaccare la qualità del servizio principale proposto.
Cosa dire riguardo alle orde di scrittori che scalpitano davanti alle porte delle biblioteche comunali per presentare la propria opera? Mi pare palesemente irrealistico pensare che la loro presenza sia così prorompente da togliere spazio ad ulteriori attività proposte dalle biblioteche.
Tornando all’articolo sulle biblioteche americane, la fila lì davanti c’è per davvero, ma è quella di genitori e bambini che abitano nel Bronx. Qualora ci fossero anche qui le code, però, non sarebbe magnifico incontrare dall’altra parte amministratori disposti a concedere gli spazi pubblici per permettere a tutti di esprimere la propria creatività intellettuale?
Restando sul ruolo svolto dalla biblioteca comunale, io sono dell’idea che un bibliotecario dovrebbe insistere nel promuovere iniziative come presentazione di libri, incontri con giornalisti, sociologi, attori e artisti ecc. Perché? Perché il prodotto principale delle biblioteche (attività collaterali a parte) è costituito dai libri e perciò sarebbe auspicabile che i bibliotecari puntassero e perseverassero proprio per far sì di incentivare la cultura, la lettura, la socializzazione e il confronto, tra l’altro in una terra come la Sardegna dove la dispersione scolastica è altissima, dove i giovani emigrano all’estero in numero spropositato e dove le biblioteche dovrebbero ambire a rivestire un ruolo centrale nella divulgazione della cultura.
Le biblioteche in Sardegna e le biblioteche in America. Due mondi. Luogo strategico di supporto polifunzionale in America e luogo che dovrebbe ambire a diventare il catalizzatore, qui in Sardegna, delle energie intellettuali di tutta la comunità, offrendo servizi e spazi. E di spazio, in questa isola, ce ne davvero tanto, per tutti.
Si possono avere mille visioni di come possa essere gestita l’attività di una biblioteca e il tema è quanto mai attuale. Sarebbe interessante affrontarlo attraverso un confronto sul tema “Editoria, libreria e biblioteche” che sicuramente potrebbe essere di stimolo per la crescita delle nostre comunità e dell’offerta stessa del circuito bibliotecario.