di Alessandra Di Nucci (Quello che le copertine non dicono)
Daniela Piras è un’autrice di cui ho già avuto il piacere di leggere una sua raccolta, “Crash” (al link la recensione) che si affacciava con occhio critico al decadimento etico e morale del nostro secolo.
Ha mantenuto intatta questa sua spiccata sensibilità anche nel suo ultimo romanzo, intitolato “Leo” in cui focalizza l’attenzione sulla generazione di giovani studenti universitari che si trascinano giorno dopo giorno incapaci di dare un senso alla propria vita o costruire delle prospettive per il futuro.
Leo è un ragazzo di ventidue anni cresciuto nella più completa bambagia, servito e riverito da mamma e papà (di cui odia le visite il quindici di ogni mese) che hanno fatto sempre di tutto per lui, arrivando addirittura a fare la fila all’università per la consegna dei moduli con cui ogni studente è costretto a confrontarsi.
È agorafobico tanto da odiare i giorni in cui non può proprio evitare di uscire dalla sua stanza, è vittima dell’accidia tipica degli scansafatiche, trova addirittura troppo impegnativo assolvere all’igiene mattutino oppure deleterio per la salute del proprio corpo fare una doccia, al punto da emettere una puzza talmente pregnante da far venire la nausea al povero di turno con cui entra per sbaglio in contatto; è asociale tanto da evitare soprattutto i suoi coinquilini cercando di uscire dalla stanza quando loro non ci sono.
Leo è fondamentalmente un bambino il cui corpo ha avuto una normale crescita, a differenza della sua testa rimasta ancora ai suoi eroi dell’infanzia, primi fra tutti Lisa Simpson.
Il nostro protagonista è tanto schivo nella vita reale quando presente e attivo in quella virtuale: commenti fatti di citazioni di autori che nemmeno conosce ma che gli danno un’aria da intellettuale, finti sabati sera con finti commenti scritti da finti profili gestiti da lui, giusto, all’apparenza, per far credere di avere una vita attiva ma che in realtà è indice di una solitudine molto forte, di cui si accorgerà troppo tardi.
Un giorno però la sua routine viene scossa da un tragico omicidio consumatasi al di là delle tende della sua stanzetta (da cui solitamente Leo non si affaccia): nell’appartamento vicino infatti un uomo ha brutalmente accoltellato sua moglie e mentre tutti ne parlano (che sia in televisione o al bar) la vita di Leo, che somatizza lo shock con una notte insonne, continua imperterrita fra internet, fiction di Mediaset e la falsa vita sui social, tanto da non riuscire più a distinguere la realtà dalla fantasia, cosa che avrà dei veri e propri risvolti drammatici sulla sua psiche.
Strutturalmente il romanzo della Piras divide i capitoli per tematiche in base alle componenti più importanti della vita del protagonista: l’università, la casa, Facebook, i coinquilini e tanti altri, con l’intento di accompagnare il lettore nello studio del fenomeno “Leo”: perché Leo è la trasposizione futura delle nuove generazioni, è indice di un forte disagio sociale e psicologico, un ragazzo che difficilmente riesce a farsi capire dagli altri per via delle sue strambe abitudini e delle sue paralizzanti paure ma che avrebbe davvero bisogno di una persona amica.
Un romanzo che fa riflettere soprattutto a tutti quelli abituati a giudicare con molta leggerezza i comportamenti poco conformi a quelli della società.
Ha mantenuto intatta questa sua spiccata sensibilità anche nel suo ultimo romanzo, intitolato “Leo” in cui focalizza l’attenzione sulla generazione di giovani studenti universitari che si trascinano giorno dopo giorno incapaci di dare un senso alla propria vita o costruire delle prospettive per il futuro.
Leo è un ragazzo di ventidue anni cresciuto nella più completa bambagia, servito e riverito da mamma e papà (di cui odia le visite il quindici di ogni mese) che hanno fatto sempre di tutto per lui, arrivando addirittura a fare la fila all’università per la consegna dei moduli con cui ogni studente è costretto a confrontarsi.
È agorafobico tanto da odiare i giorni in cui non può proprio evitare di uscire dalla sua stanza, è vittima dell’accidia tipica degli scansafatiche, trova addirittura troppo impegnativo assolvere all’igiene mattutino oppure deleterio per la salute del proprio corpo fare una doccia, al punto da emettere una puzza talmente pregnante da far venire la nausea al povero di turno con cui entra per sbaglio in contatto; è asociale tanto da evitare soprattutto i suoi coinquilini cercando di uscire dalla stanza quando loro non ci sono.
Leo è fondamentalmente un bambino il cui corpo ha avuto una normale crescita, a differenza della sua testa rimasta ancora ai suoi eroi dell’infanzia, primi fra tutti Lisa Simpson.
Il nostro protagonista è tanto schivo nella vita reale quando presente e attivo in quella virtuale: commenti fatti di citazioni di autori che nemmeno conosce ma che gli danno un’aria da intellettuale, finti sabati sera con finti commenti scritti da finti profili gestiti da lui, giusto, all’apparenza, per far credere di avere una vita attiva ma che in realtà è indice di una solitudine molto forte, di cui si accorgerà troppo tardi.
Un giorno però la sua routine viene scossa da un tragico omicidio consumatasi al di là delle tende della sua stanzetta (da cui solitamente Leo non si affaccia): nell’appartamento vicino infatti un uomo ha brutalmente accoltellato sua moglie e mentre tutti ne parlano (che sia in televisione o al bar) la vita di Leo, che somatizza lo shock con una notte insonne, continua imperterrita fra internet, fiction di Mediaset e la falsa vita sui social, tanto da non riuscire più a distinguere la realtà dalla fantasia, cosa che avrà dei veri e propri risvolti drammatici sulla sua psiche.
Strutturalmente il romanzo della Piras divide i capitoli per tematiche in base alle componenti più importanti della vita del protagonista: l’università, la casa, Facebook, i coinquilini e tanti altri, con l’intento di accompagnare il lettore nello studio del fenomeno “Leo”: perché Leo è la trasposizione futura delle nuove generazioni, è indice di un forte disagio sociale e psicologico, un ragazzo che difficilmente riesce a farsi capire dagli altri per via delle sue strambe abitudini e delle sue paralizzanti paure ma che avrebbe davvero bisogno di una persona amica.
Un romanzo che fa riflettere soprattutto a tutti quelli abituati a giudicare con molta leggerezza i comportamenti poco conformi a quelli della società.